“Se puoi guadagnare col mio nome, fallo pure.”
Tra i mille spunti che offre quel capolavoro di umanità che è il primo capitolo della saga di Rocky, una narrazione sospesa tra vita vera e sfida agonistica, c’è anche quello della sponsorizzazione sportiva, ben raccontata dall’essenziale scambio di battute tra il protagonista del film e il fratello della sua fidanzata Adriana, Paulie, interpretato dall’attore italo-americano Burt Young, scomparso oggi a Los Angeles all’età di 83 anni.
Paulie, umile lavoratore in un mattatoio di Philadelphia, città in cui si svolgono le vicende del film, dal carattere irascibile ma buono, sull’onda del crescente interesse dei media per Rocky gli dice di aver pensato a un modo per fare un po’ di soldi, sfruttando il nome del campione e in sostanza associandolo alla sua attività commerciale. E il pugile, con quel suo fare asciutto e disincantato che lo caratterizza, acconsente senza troppi problemi.La sponsorizzazione nello sport, nel mondo reale, non ha certo seguito strade meno rudimentali, dalle prime pubblicità del Novecento in gare ciclistiche e automobilistiche al boom del secondo dopoguerra.
Vi sembra un po’ spiccia l’idea di Paulie? Non è che nel dorato mondo del pallone le cose siano cominciate in maniera più gloriosa. Il primo club a voler apporre una sponsorizzazione sulla maglietta dei giocatori fu l’Eintracht Braunschweig, in Germania, che, per aggirare il divieto, cambiò direttamente il logo della società, passando da un leone a un cervo, e pubblicizzare così la marca di liquori Jaegermaster. Anche in Italia – erano gli anni ’70 – c’era il divieto di sponsorizzazioni sulle magliette. E così l’Udinese ebbe l’idea geniale: mettiamo la scritta sui pantaloncini. Ma il logo dei gelati Sanson apparve solo per qualche partita.
Decisamente più importante fu il passo compiuto dal rampante Perugia
di quegli anni. Nel 1979, per potersi permettere l’acquisto di Paolo Rossi,
reduce da un ottimo Mondiale in Argentina con la Nazionale, la società fece
affidamento sui milioni del pastificio Ponte, che in cambio avrebbe voluto
ovviamente il proprio nome sulla divisa degli umbri.
Ecco il video in lingua originale nel film che valse a Burt Young la nomination agli Oscar del 1977 come migliore attore non protagonista.



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