giovedì 12 giugno 2025

Il prestigioso torneo del Queen's di Londra dedica un campo a Andy Murray

 

Andy Murray Arena

Andy Murray ha recentemente inaugurato ufficialmente l'Andy Murray Arena al Queen's Club di Londra, un tributo al suo straordinario legame con il torneo. Durante la cerimonia, ha scherzosamente definito il suo attuale livello di tennis come "diabolico", ammettendo che la sua forma fisica non è più quella di un tempo.

Nonostante ciò, ha partecipato a una breve esibizione con Laura Robson e due giovani tennisti locali, dimostrando il suo affetto per il gioco e per la comunità tennistica. Murray ha anche espresso la sua gratitudine per il rinomato ritorno di un torneo femminile al Queen's Club, sottolineando l'importanza di offrire alle donne una piattaforma per esprimere il loro talento. Dopo il suo ritiro ufficiale dopo le Olimpiadi di Parigi nel 2024, Murray ha intrapreso una nuova fase della sua vita, godendosi il tempo lontano dal circuito professionistico.

Andy Murray è una delle figure più emblematiche e combattive della storia del tennis britannico e mondiale. Nato a Glasgow nel 1987, è cresciuto in Scozia, dove ha iniziato a giocare a tennis sin da piccolo, spinto da un talento precoce e da una volontà fuori dal comune. Ma la sua storia non è quella del predestinato che trionfa senza ostacoli: è piuttosto il racconto di un atleta che ha costruito il proprio successo con tenacia, tra sacrifici, dolori fisici e vittorie sudate.

Il primo grande snodo della sua carriera arriva nel 2005, quando debutta da professionista. Il talento è evidente, ma Murray ha ancora bisogno di tempo per maturare. Negli anni successivi si fa largo tra i big, ma per lungo tempo resta "quello bravo, ma non abbastanza" per battere con costanza i mostri sacri del suo tempo: Federer, Nadal e Djokovic. Quello che i media battezzano "il Big Three", a cui per anni lui proverà ad aggiungersi come il "quarto incomodo".

La svolta arriva con la vittoria agli US Open nel 2012: il suo primo Slam, e il primo di un britannico in singolare maschile dal 1936. Un trionfo che libera un'intera nazione. Ma è a Wimbledon che Andy scrive la pagina più iconica della sua carriera: nel 2013 diventa il primo tennista britannico dai tempi di Fred Perry a vincere il torneo. E poi ci riesce di nuovo, nel 2016, confermandosi sul tetto del mondo.

Lo stesso anno raggiunge il numero 1 del ranking ATP, coronando un lungo inseguimento. Ma è anche in quegli anni che il suo corpo comincia a presentargli il conto: infortuni ricorrenti, in particolare all’anca, mettono in discussione il prosieguo della sua carriera. Nel 2019, dopo un’operazione chirurgica molto invasiva, in molti pensavano fosse finita. E invece, ancora una volta, Murray sorprende tutti, rientrando in campo con una placca metallica all’anca, capace ancora di lottare ad alti livelli.

Parallelamente alla sua carriera nei tornei ATP, Murray ha scritto la storia anche alle Olimpiadi: è l’unico tennista maschile ad aver vinto due medaglie d’oro consecutive nel singolare (Londra 2012 e Rio 2016). Un risultato straordinario, che lo rende unico.

Verso la fine della sua carriera, Murray ha scelto di non cedere alla nostalgia, ma di continuare a battersi, con dignità e passione, anche nei tornei minori, pur consapevole che i suoi giorni da numero 1 erano alle spalle. Il pubblico lo ha sempre amato per questo: per il suo cuore, per la sua onestà e per la sua capacità di non arrendersi mai.

Andy Murray non è solo un campione: è il simbolo di una generazione di sportivi che hanno fatto della resilienza e del rispetto per il gioco la loro firma. E anche ora che il ritiro si è fatto realtà, il suo impatto sul tennis britannico resta incancellabile.

 


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